IL COMMENTO I playoff? L'Artiglio parla solo con i fatti Continuare a sognarli, però, fa bene all'anima eli Fabio Gandìnì Non parlategli di playoff, all'Artiglio. Al solo sentir pronunciare la parola che materializza una cosa che a queste lande cestistiche manca come una borraccia d'acqua a chi attraversa il deserto del Gobi, il coach di Pavia vi guarda con la stessa faccia di un Superman cui annunciano l'imminente contagio della krypto-nite. Perché? La risposta sta nella fenomenologia della persona, prima che dell'allenatore, che si manifesta in un misto di assoluta razionalità applicata alla pallacanestro e di un umano, tanto umano, orgoglio. Andiamo con la prima. Recuperare due vittorie in sole tre partite a ben due avversari diversi è poco più di una chiacchiera che strizza l'occhio all'impossibile: non esattamente il pane quotidiano di uno che a Varese ha sempre e solo portato fatti. «Non so quando, ma questa squadra si salverà». La dichiarazione del coach è di tempi non sospetti, ovvero quando l'incredibile serie di 7 referti rosa in 8 gare era ancora in "mente dei" e lui stava facendo disputare ai suoi uomini una sorta di precampionato invernale, propedeutico alla formazione di un gruppo - tecnico e morale - fino ad allora mai esistito. «Non so quando, ma questa squadra si sal- verà»: così è stato, con tre giornate d'anticipo, partendo dall'ultimo posto solitario della graduatoria e scrivendo un record del basket italiano (i sei successi consecutivi dalla piazza della vergogna). Fatti, purissimi fatti. Da rimarcare, celebrare e dei quali essere orgogliosi, senza perdersi in voli pindarici potenzialmente in grado di creare aspettative false e recriminazioni postume senza ragion d'essere. E siamo così arrivati al secondo punto di "Io, Artiglio", cioè all'orgoglio di un professionista che - non dimentichiamocelo mai -da Varese fu ingiustamente cacciato dopo aver ottenuto altri fatti, mai pesati dalla sgarrupata bilancia di chi due anni fa prendeva le decisioni (quest'anno siamo tranquilli: in settimana, ben prima della fine della stagione quindi, arriverà la pubblica conferma del Resuscitante). C'è un però, caro coach e cari tutti: la bellezza che fa bene all'anima nell'accarezzare un sogno e nel non porre limiti al proprio cammino. Credere ancora nel recupero impossibile che porterebbe alla post sea-son è il dovere di chi si è innamorato della musicalità di questa squadra, di chi (lo dici anche tu, coach) ha il rammarico che tutto questo stia per finire, di chi - giocando con la retorica applicata alla leggenda che la Pallacanestro Varese ha appiccicata addosso, spesso come un peso - non dovrà mai sentirsi pienamente appagato da un campionato che non finisce tra le otto elette. Culliamolo ancora per qualche giorno questo benedetto, irrazionale, impossibile, assurdo, stupido sogn