«Nuovo Pianella? La speranza è poca» Le opinioni. L'amarezza dei canturini: «La città si fonda su mobili, merletto e pallacanestro, che ora è a rischio» Marzorati: «Non ci identifichiamo nel modo di agire dei Gerasimenko». Altri tifosi: «Sono le solite figuracce» CANTÙ CHRISTIAN GALIMBERTI E qual è l'argomento più discusso, nei bar, all'immancabile aperitivo in piazza Garibaldi, a conclusione di una settimana a dir poco infernale, con una pessima notizia dietro l'altra sul tema? Non serve un genio per indovinare: le preoccupazioni per la Pallacanestro Cantù e per il suo palazzetto, sogno irrealizzabile da ormai quasi trent'anni. Quasi da lacrime agli occhi, al solo discuterne fra i tavolini del centro città. Con tifosi, anche di primo piano, assolutamente tristi. E parecchio sfiduciati sul futuro. Perché poi, a fare la somma, il conto, per qualcuno, è pesante. Demolizione rinviata Qualcuno, nella vecchia guardia, suona anche la sveglia. Non senza pensare pure all'immagine della città. Messa alla prova da quanto accade, più in genere, in questi giorni. Tra le ultime novità, anche il rinvio della demolizione del palazzetto Pianella di Cuccia-go, di cui è proprietaria la famiglia Gerasimenko: i coniugi Dmitry e Irina, al vertice anche della società sportiva. C'è l'impegno da parte di Red October Italia, la società sem- pre collegata ai Gerasimenko, determinata a concretizzare il progetto di ampliamento. Ma, prima, appunto, la demolizione. Che slitta. A questo si aggiungono gli Eagles della curva che, in contestazione, per la prima volta nella vita non si abboneranno. Inoltre, l'azionariato popolare di Tutti Insieme Cantù che dice di non credere più a Dmitry. E, ultima tegola, il minibasket che gira le spalle e se ne va. Volti scuri Fuori dal Carnaby c'è un tavolo di eccezione. Oltre a Nando Arnaboldi, tifoso sin da quando non c'era nemmeno il palazzetto, c'è Giovanni Ricci, altrimenti noto come il poeta dialettale Jaufré Rudel. Anche lui è tra quelli che il basket ha iniziato a vederlo pure sotto la pioggia. Arriva anche Pierluigi Marzorati, bandiera della Pallacanestro Cantù. Si parla di basket. I volti si fanno scuri. Si pensa anche a corso Europa, dove sono falliti ben due pa-lazzetti. «Quella del palazzetto è una ferita rimasta aperta da anni -dice Ricci - Non so cosa succederà. Gerasimenko era una speranza, la maggior parte ha detto: "questo ha i soldi". Non vorrei che un giorno non ci sia più nemmeno la squadra. E' il nome di Cantù a rimetterci. Una tristezza assoluta. Atten- zione, perché rischiamo di renderci conto della gravità della situazione solo quando sarà troppo tardi». Non è tranquillo nemmeno Marzorati. Che allarga il discorso anche alla gestione della società sportiva. «Sicuramente, in questo processo di evoluzione, se così vogliamo dire, insolito, molti canturini non si identificano in questo modo di gestire. D'accordo che chi mette il grano, di solito, ha vinto. Il dato è però che ci troviamo con un decimo delle tessere degli abbonamenti: da 3mila a meno di 300». Altri tifosi. Mattia Radice non è molto ottimista: «Mi sembrano le solite figuracce. Finita un'epoca d'oro, quella degli Allievi, ci sono sempre state difficoltà. La disaffezione mi sembra abbastanza evidente. Il palazzetto nuovo? La vedo difficile. Se non sono riusciti quando c'era fervore, adesso, che di fervore non ce n'è neanche più... Che tristezza, comunque». Gabriele Fumagalli ha un suo teorema. «Con i palazzetti va così: all'inizio ci sono sempre i soldi. Poi succede sempre qualcosa». Vede nero Tullio Frigerio. «In questa situazione è difficile sperare in un Pianella nuovo. Sul resto: peggio di cosi non si poteva». Nando Arnaboldi, Giovanni Ricci e Pierluigi Marzorati discutono in piazza sul futur