Consapevolezza e rimpianti La Openjobmetis tiene testa ad Avellino ma perde nel finale BASKET Delusi sì, ma solo dal risultato e non da chi ha giocato: questa la didascalia di Openjobmetis-Sidigas Varese spreca una grande occasione nel finale, ma ancora una volta dimostra di essere competitiva e di non morire mai Fedeltà e promesse Perdere (anche così) non fa male di Fabio Gandìnì h Deluso. Ma deluso per il risultato, non da chi ha giocato. Il commento non è nostro: è di un tifoso biancorosso (Mark-Buford è il suo "soprannome" online). Lo citiamo perché, anche a distanza di ore, anche a mente raffreddata, non troviamo nulla di più calzante e sensato nel descrivere l'arcobaleno di sensazioni che la sconfitta della Openjobmetis ad Avellino ha lasciato in dote. Delusi da un'occasione persa grande come una casa, non da chi ha mantenuto l'ennesima promessa Risalire dagli inferi di uno svantaggio in doppia cifra accusato tra le mura di una delle tre squadre più forti del campionato, giocarsela fino alla fine senza vedere il canestro grande come piazza Tienanmen come accaduto invece contro Trento, aver dimostrato di essere ancora una volta competitivi e all'altezza delle aspettative in tutto quello che non si compra al super- mercato dell'innato (ovvero grinta, voglia, spirito di sacrificio): sono nodi di fedeltà che questa Varese, per una domenica ancora, non ha sciolto. Constatato questo, pure i bruciori di stomaco degli ultimi 60 secondi della partita di ieri e il conseguente nulla di fatto alla voce "punti in classifica" fanno meno male. Numeri che spiegano Sul maledetto rettilineo finale del match ci si tornerà fra un po'. Prima vale la pena guardare Si-digas-Openjobmetis 65-61 nel suo insieme. E scrivere di una gara offensivamente difficile, a tal punto da essere condizionante. Chi non vuole leggere la sconfitta solo negli episodi conclusivi, la può leggere nelle cifre che sintetizzano la produzione offensiva di squadra: 61 punti segnati (il peggior fatturato varesino di questo 2017/2018), 43,9% da 2 (peggio si è fatto solo a Milano), 27,3% da 3 (in questo caso il 9,5% contro Venezia è - si spera - ineguagliabile). A guardare i numeri dei singoli, poi, non va meglio: 3/11 dal campo per Walter, 1/10 per Wells, 0/4 dai 6,75 combinato di Avramovic e Tarn-bone (tutti tiri aperti). Per pretendere una vittoria esterna i pretoriani dell'Artiglio hanno insomma combinato poco nella metà campo avversaria: se ci sono dei rimpianti, al di là del rush finale, è perché - come sempre - nella propria si sono superati, mettendo alle corde una Scandone che non ha avuto cifre migliori (38,9% da 2, il capocannoniere del campionato Rich lasciato a 2/14, Dezmine Wells a 6/17). Davanti alla costanza of- fensiva di Ferrerò e compagni, Avellino ci ha dovuto mettere la testa per lucrare qualcosa e ha tentato di portare a scuola Varese, girando sapientemente la palla (che ribaltamenti di lato...) nel terzo quarto quando ha capito che talento e balistica non erano sul menu di giornata. Il "memento" del campione Ci è riuscita ( a tratti hanno colpito le seconde linee segnalate da Caja alla vigilia, su tutti Lorenzo D'Ercole: 3/3 da tre), dall'alto della maggior caratura complessiva Ma non ci è riuscita fino in fondo e soprattutto non senza cercare di render pan per focaccia quando toccava a lei difendere e andare a rimbalzo (16 quelli offensivi concessi dai biancorossi, mai così tanti in 7 giornate). È stata la Sidigas, insomma, a dover fare la partita della Openjobmetis e non viceversa. È per questo che Varese ha colto la chance di arrivare punto a punto nel finale, trascinata dall'ottima vena di Hollis (14 punti e 6/9 al tiro) e dalla verve di Avramovic, punte di un gruppo ancora una volta bravo a trovare alternative diverse all'interno di se stesso. Quella palla persa dello stesso Damian con poco più di un minuto sul cronometro e avanti di 2 (che giocata difensiva però, del Wells irpino...), il tiro rifiutato da Avramovic subito dopo (che ha mandato fuori giri l'attacco nella specifica azione) raccontano semplicemente di un paragrafo - decisivo, per l'amor del cielo - di una storia più complessa, più lunga e per l'ennesima volta non certo triste. Poi c'è la bomba di Rich. Quella segnata da un giocatore che fino a quel momento non aveva mai visto il canestro. Quella che ha ribaltato tutto. La giocata del campione. Un memento potente e imperituro per la squadra di Caja, che un uomo solo al comando invece non lo possiede: ogni fortuna, qui, passerà da