«L'ambiente ostile ci caricherà di più» Leo Candì II play è cresciuto nel vivaio Fortitudo: «Quanti amici mi chiedono di battere la Virtus...» «VINCENDO COL BAYERN, ABBIAMO DIMOSTRATO CHE LA REGGIANA CHE CORRE E DIFENDE ALLA MORTE ESISTE, MA BISOGNA DIVENTARE COSTANTI» Andrea Russo L'AQUILA di Bologna, il Leone di San Prospero e la V Nera... Questa sera per il bolognese Leo Candì sarà un ritorno a casa particolare, in quel PalaDozza dove per interi giorni si è allenato da solo quando pochi anni prima osservava Basile da quegli stessi spalti insieme ai genitori. E, in una Bologna dove «o sei dei nostri o sei dei loro», Candì sarà senza dubbio un osservato speciale per il pubblico virtussino. Candì', se le dico PalaDozza? «E' il mio palazzo, una seconda casa, il luogo in cui ho sempre sognato di giocare fin da bambino. Pensate che la prima volta che ci misi piedi fu quando i miei genitori mi portarono alla festa per lo scudetto della Fortitudo nel 2000. Avevo solo tre anni! Poco dopo iniziai il babybasket...sempre al Dozza, ovviamente». Per lei sarà anche la prima volta da avversario nel «suo» palazzo... «E' vero, perché, seppure abbia visto dal vivo alcune sfide dei playoff della Virtus lo scorso anno, ancora non ho giocato nel palazzo griffato Virtus. Sarà senza dubbio una sfida tosta, in un clima ostile, visto che la retrocessione della Virtus al PalaBigi non è stata dimenticata a Bologna. Un ambiente del genere, però, non de- ve tarci paura, ma caricarci ancora di più». Come pensa che sarà accolto dai tifosi avversari? «Sicuramente ci sarà un'accoglienza particolare nei miei confronti, ma per il semplice fatto che sono tifoso della Fortitudo e a Bologna la pallacanestro è molto sentita. I miei amici? Quelli fortitudini mi scrivono senza mezzi termini di battere la Virtus (ride ndr)...». L'ad bianconero Luca Baraldi ha dichiarato che «non vorrebbe trovarsi nei panni di Reggio questa sera...». «Al di là delle interviste che ognuno rilascia, noi non dobbiamo farci condizionare dall'ambiente, ma restare uniti per portare la gara a un finale punto a punto. Su di loro, infatti, c'è grande pressione dopo la brutta sconfìtta di Avellino e un finale in cui noi restiamo a contatto con loro per tutta la gara, sarebbe imprevedibile. Sono convinto che sarà un derby molto bello da vedere». Con il rientro di Nevels in gruppo siete alla ricerca di un nuovo assetto visto l'alto numero di esterni. Lei in che ruolo si vede? «In quello che il coach mi dice di fare, sia esso il play, la guardia, il 3 o il 5...(risponde senza esitazione, ndr). Darò sempre il massimo in ogni posizione se può contri- buire alla vittoria. Finora spesso ci sono mancate la giusta attenzione e concentrazione nei momenti decisivi, in cui abbiamo pensato di aver già vinto, dando così fiducia agli avversari e creando partite strane. Eppure abbiamo battuto il Bayern, dimostrando che una Reggiana che corre e difende alla morte esiste, perciò dovremo diventare costanti in questo tipo di approccio». Oggi si parla di mancanza di esempi positivi nello sport dopo la notte brava del calciatore Nainggolan. Lei come vorrebbe essere ricordato negli occhi dei bambini? «Per i tifosi vorrei essere quel giocatore che in campo dà sempre tutto per la maglia, quello che non molla mai anche sotto di venti e che incita sempre i compagni e il pubblico, trasmettendo positività. Cerco di essere sempre un professionista in campo e fuori, senza cadere in cose negative come ubriacarsi o fare tardi alla sera. Fondamentale, però, è la passione per il basket. Se sul parquet non ti diverti, infatti, giocare non ha più alcun senso...»». La prima volta sul parquet «Avevo solo tre anni quando misi piede al PalaDozza: ero con i mie