L'INTERVISTA PINO SACRIPANTI. Coach canturino della Sidigas Avellino «Il titolo di campioni d'inverno? Certo fa piacere ma significa poco» «CANTÙ? SODINI MERITA E NON DIMENTICO BETTI» Pino Sacripanti, 47 anni, dal 2000 capo allenatore in serie A FABIO CAVAGNA Una squadra sola al comando quando ormai è tramontato il girone d'andata Ma non è Milano, come chiunque avrebbe potuto attendersi, bensì la Sidigas Avellino allenata dal canturino Stefano 'Tino" Sacripanti. Coach.èla prima volta cheaccadesia aleisiaadAvellinodi"girare"intesta. Una duplice soddisfazione. In effetti, per quanto mi riguarda, al massimo avevo chiuso l'andata al secondo posto con Cantù e Caserta Quanto al club, questa storica prima volta sta avendo particolare risalto in città. Una squadra del Sud in vetta a metà campionato rappresenta una rarità quando non un'eccezione forse perché è più difficile riuscire a ottenere certi risultati nel Meridione? Non so se sia più difficile. Di sicuro è difficile in senso assoluto. Perché sono tante le avversarie di valore in questa serie A sempre più livellata verso l'alto a mio avviso. Essere primi fa piacere e per noi ha un profondo significato sotto ilprofilo della progettazione visto che già nelle due stagioni precedenti siamo stati tra i protagonisti. Siete lì davanti da subito puravendo cambiato sette decimi del roster. Il dubbio, in effetti, era capire se potevamo essere ancora competitivi. Elarisposta mi sembra positiva Ma non è tanto l'essere capolista che ci deve rassicurare poiché sarebbe bastato perdere una partita in più e non ci saremmo riti-ovati davanti, quanto piuttosto avere la consapevolezza che la strada imboccata sia quella giusta Ciò detto? Il vero interrogativo da porsi è: come mai Milano non è a punteggio pieno? Come mai? Non ho risposte, ma constato che vi sono anche altre squadre ben attrezzate, con un organico profondo e con un progetto ambizioso. Viviamo in un paese in cui la sconfitta none contemplata ma ammetto che avremmo perso almeno due partite in più se altrettante autentiche magie non ci avessero permesso dibattere Milano e Venezia E saremmo ora quinti o sesti. Intanto le state precedendo tutte. Più che la posizione di classifica, è un'altra la considerazione che più ci rallegra Quale? La qualità della pallacanestro proposta da una squadra in cui Rich è sì il principale realizzatore ma all'interno della quale non c'è mai un unico protagonista assoluto. A ciò aggiungo la qualità delle spaziature e del timing oltre al miglio-ramento difensivo costante che stiamo avendo. Tra l'altro avete dovuto convivere con un sacco di infortuni. Che mi hanno fatto stare molto in angoscia perché non avevo mai la formazione al completo e c'era sempre da inventarsi qualcosa a seconda di chi c'era o non ce'era. Ma c'è il rovescio della medaglia. Sarebbe? Che ho dato spazio e fiducia a chi altrimenti non li avrebbe avuti e tutti hanno risposto alla grande. Così abbiamo ovviato alle difficoltà e siamo cresciuti. E i problemi si sono trasformati in opportunità. Da quando poi siamo al completo stiamo oggettivamente gio- cando molto bene. C'è consapevolezza che potete arrivare fino in fondo? In squadra abbiamo giocatori che sanno prendersi responsabilità e che mostrano grande dedizione. Compatti possiamo lottare perun obiettivo comune anche se ci sono almeno un paio di squadre più strutturate di noi e con qualche giocatore in più di alto livello. A chi allude? A Milano e a Venezia. E, nonostante l'attuale classifica anche Sassari mi sembra potenzialmente all'altezza delle migliori Di Cantù, invece, che ci dice? Che Sodini è stato bravo a compattare lasquadraproteggendola dai fattori estemiJlsuoèstatoun lavoro innanzitutto psicologico, ma non trascurerei certo ciò che sta proponendo sotto il profilo tecnico. Quando l'attenzione è peraltro così tanto spostata sulle società qualsiasi cosafacciala squa- dra è sempre un qualcosa in più. Anche perché con meno pressione addosso giochi più leggero. Da Cantù a un suo collega canturino, quel Recalcati che ha appena avviato una nuova avventura a Torino. Mi spiace per Banchi che stava svolgendo unlavoro egregio. Torino è una bellissima piazza in cui qualsiasi allenatore, incluso il sottoscritto, andrebbe di corsa. Carlo? Gli voglio bene e mi fa piacere sia ancora in sella. Sono davvero felice e spero di giungere alla sua età con la sua stessa voglia di buttarsi entusiasta nella mischia. Un ultimo pensiero? È per Pier Francesco Betti, uno dei miei amici più cari. Ha lavorato per Cantù in un periodo difficile e credo che ciò che ha fatto sia stato forse troppo sottovalutato. Se Cantù ora è li è certo