Stefano Comazzi "Dalla CI alla Coppa Italia Solo io ci sono sempre stato" Dopo l'addio di Recalcati è diventato "associate head coach" di Galbiati Ingegnere elettronico, è stato il vice di tutti gli allenatori Auxilium dal 2008 Da ingegnere elettronico ad allenatore di basket. Partendo da Borgomanero e arrivando prima a Moncalieri e poi a Torino. Con, in mezzo, i genitori che non capivano: possibile che, dopo gli sforzi fatti per arrivare a una laurea certamente non semplice, si debba poi dedicare la vita a una palla a spicchi? Stefano Comazzi, attuale «associate head coach» della Fiat (in pratica: un vice non tanto vice), la spiega così: «Fin dalle medie avevo deciso che da grande avrei voluto fare l'ingegnere e tutti eravamo convinti che quella fosse la mia strada. Poi, intorno ai 15 anni, ho scoperto il basket: prima giocando, quindi iniziando ad allenare. A Borgomanero, dove sono nato e cresciuto. È venuto tutto naturale, ma gli studi non li ho mollati: nel 2004 mi sono laureato, ma il pezzo di carta l'ho lasciato lì e non ho mai dato l'esame di stato. Due anni dopo, Julio Trovato e Andrea Bausano mi hanno proposto di allenare nel settore giovanile della Pms, a Moncalieri: era l'oc- casione che cercavo e non ci ho pensato su troppo». Da lì in avanti solo giallo-blu, senza limitarsi alle formazioni giovanili con cui ha conquistato quattro finali nazionali. «Ho cominciato a fare il vice di Arioli in CI, rimanendo sempre nei vari staff tecnici della prima squadra e, dal 2013, lasciando i giovani per dedicarmi ai "grandi"». In mezzo, anche il passaggio dalla Pms all'Auxilium quando Forni e Terzolo si separarono: «Lavoravo già con la prima squadra e fu un travaso quasi naturale. Sono il solo a poter dire di essere partito dall'allora CI, nel 2008, e di essere arrivato a vincere la Coppa Italia di serie A». In mezzo, ha fatto da assistente anche a Faina («sdrammatizzava ogni cosa»), Pilla-strini («metodico»), Bechi («passionale»), Vitucci («sempre molto sereno»), Banchi («il più avanti di tutti») e Recalcati («la saggezza fatta persona»). «Per il futuro non chiudo le porte a nulla, al momento sto bene così e devo ringraziare la società per averci dato fiducia. Con Paolo Gal- biati c'è grande intesa, avendo caratteri diversi: lui è più emotivo, io riflessivo. Per natura, cerco di non fare mai il passo più lungo della gamba, ma è ovvio che mi piacerebbe anche guidare una squadra in prima persona. Però è importante trovarsi nel contesto giusto: non è da me gettarmi nella mischia tanto per farlo». Nel frattempo, c'è una Fiat da pilotare ai playoff: «Adesso viene il difficile, nel senso che ci si deve confermare. È giusto godere per qualche giorno di quanto fatto: dobbiamo però anche sapere che ci aspettano undici finali e che, per essere certi di arrivare almeno ottavi, serviranno cinque vittorie. Poi, quando saremo dentro, prenderemo quel che viene». Consapevoli di essere già entrati nella storia del basket torinese e, dal punto di vista personale, di avere vinto «a livello seniores tutte e cinque le finali disputate, sia quelle per salire di categoria che per aggiudicarsi un trofeo». Magari anche per questo, Comazzi ha «imposto» alla sua compagna il nome «Vittoria» per la loro primogenita nata sei mesi fa. © BY NC MDALCUNI DIRITTI RISERVATI Colloquio DOMENICO LATAGLIATA Quando Galbiati era contro Nato iM 4 marzo 1980 a Borgomanero Nel 2013, guidando la Pms U19