Il croato Rok Stipcevic MONDIALI, LA FINALE Stipcevic: «La Croazia 2 non arretra I , mai, si vince» ¦ SINIAPAGINA31 I MONDIALI DI CALCIO » DOMANI LA FINALE Rok Stipcevic, reduce da tre stagioni con la Dinamo, indossa la maglia della nazionale di calcio croata «Carattere e orgoglio, la mia Croazia sogna» Rok Stipcevic, ex play della Dinamo, racconta la grande attesa di una nazione «Tutto il Paese si è fermato, anche io sarò a Mosca allo stadio a fare il tifo» di Andrea Sini » SASSARI Le sfide a calcio a scuola con avversario nelle sfide di tiro da Modric, quella a basket con il 3 punti. A cavallo tra la fine defuturo portiere Subasic degno gli anni Novanta e i primi Due- mila, in giro per Zara si potevano incontrare parecchi ragazzini terribili. In tutti i sensi. «La guerra era appena finita, si giocava per strada, tutti facevano due-tre sport, calcio, basket, pallanuoto, e l'unica regola era che solo il più forte sopravvive». Rok Stipcevic indossa la maglia da calcio col nome di suo padre, inviatagli dalla federazione croata, e stringe tra le mani un biglietto per la storia. Il cestista croato, le ultime tre stagioni a Sassari con la maglia della Dinamo, oggi salirà su un volo charter diretto a Mosca, dove domani assisterà alla finale della Coppa del Mondo, Francia-Croazia. «Parto insieme al sindaco di Zara e al mio amico Marko Popovic (cestista ex Kazan e Zalgiris, ndr.). Abbiamo smosso mari e monti -dice il play croato - ma alla fine abbiamo trovato i biglietti. Non possiamo mancare». Un Paese in ebollizione. «Quando gioca la Croazia - racconta Stipcevic -, tutta la nazione si ferma, ma nel vero senso della parola. I centri commerciali chiudono, i negozi pure, ogni bar ha almeno 3 o 4 schermi che proiettano la partita, è difficile vedere in giro qualcuno che non indossi una maglia biancorossa. L'altra notte, dopo la semifinale, la festa è durata sino al giorno successivo. Io ricordo il delirio per il terzo posto ai mondiali del '98, avevo 12 anni, ma questa è una cosa diversa. Qua potrebbe accadere qualcosa di inimmaginabile». Modi ic, il profugo. «Lukaha alle spalle una storia triste. Abitava in un paese a pochi chilometri da Zara: quando i serbi sono entrati e hanno iniziato a incendiare le case, lui è scappato con uno zaino sulle spalle, la sua famiglia aveva perso tutto. Sono rimasti a Zara come rifugiati in un hotel, ha frequentato tutte le elementari nella mia scuola, poi è stato trasferito in un altro centro di accoglienza, stavano in 4 o 5 in una sola stanza. Lui giocava a calcio sempre, abbiamo fatto mille partite in strada e al Campetto. Era bravo anche a basket, ma a 11 -12 anni è stato chiamato dalla Dinamo Zagabria, che ha trovato un lavoro anche a suo padre e un appartamento e questa è stata da un certo punto di vista la fine delle loro sofferenze. Quando la sua carriera è decollata i suoi genitori sono tornati a Zara. Merita tutto questo, è un grande campione, che ha nella tranquillità la sua dote principale e che fa apparire facile qualsiasi giocata. Ed è un ragazzo fantastico». Subasic, mano calda. Uno dei personaggi di questo mondiale è il portiere Danijel Subasic, padre serbo, inizi complicati. «Conosco bene anche lui - dice SUGLI ANNI DELLA GUERRA Molti padri erano al fronte o erano morti, per strada regnava un'anarchia spaventosa L'unica regola era che solo il più forte sopravvive pcevic-, a Zara frequentavamo gli stessi giri, le stesse feste, giocavamo a basket, a calcio, lui non si perdeva un torneo neppure di pallanuoto. Poi ha deciso di fare il portiere, ma all'inizio per lui non è stato facile. Il suo cognome serbo gli ha pesato, molti l'hanno accettato con fatica, ma lui è nato e cresciuto qua, è dei nostri. Quando avevo 12 anni, poco dopo la guerra, c'era un torneo di basket 3 contro 3 che si giocava a Zara. In finale ho vinto la gara Under 14 con due amici più grandi. La gara del tiro da 3 era "open": in finale siamo arrivati io e Subasic, e ha vinto lui. Ci sentiamo, ci saremmo dovuti incontrare quando con la Dinamo abbiamo giocato a Montecarlo, ma non ci siamo riusciti». LA SFIDA CON LA FRANCIA Giochiamo bene a calcio ma il nostro segreto è il gruppo Non si fa un passo indietro di fronte a nessuno, possiamo farcela Il segreto dei croati. «Dopo la guerra, in Croazia, c'era un'anarchia incredibile. Sino al 1996 tanti uomini erano impegnati sul fronte, tanti padri erano morti. Per la strada la regola principale era che il più forte sopravvive. Ho visto coltelli, pistole, le risse erano frequenti come prendere un caffè. Per fortuna ora tutto questo non esiste più. Però chi è cresciuto in quel clima ed è sopravvissuto, oggi da un lato sa cosa significa godersi la vita con serenità, ma dall'altro ha un carattere indistruttìbile. Lo si può vedere in campo in ogni partita: fanno gruppo, non fanno un passo indietro di fronte a nessuno, mai. La Croazia sa giocare a pallone, ma la nostra forza è 0 carattere. La Francia dovrà fare i conti soprattutto con questo temperamento». Come i sardi. «Saluto i sassaresi e i sardi, ho lasciato tanti amici e so che sono con noi. Anche voi non siete un popolo numeroso, ma siete orgogliosi della vostra terra e siete attaccati alle radici: da questo punto divista, nei miei 3 anni in Sardegna ho riconosciuto certe similitudini con la Croazia. Ora a noi manca solo un ultimo passo, i giocatori domani andranno in campo sapendo di avere con noi un intero popolo». LA GIOVENTÙ DI ZARA ConModric ho giocato centinaia di partit