QUANDO ancora le dita non pattinavano tra le app, s'accontentavano di stringere quelle di Kicanovic. O di Bouie. Quelli sì che erano i più cliccati. E chi le lambiva, non si lavava il polpastrello per una settimana. Succedeva così al Carducci, al Lucio Accio, al Picciola. Succedeva così quando i baby follo-wer della preistoria squadravano quei profili di 'giocatoroni' della 'Scavo'. In carne ed ossa. Sfilare tra i banchi. E il marketing era ancora all'anno del 'mai'. Sicché, quando s'avvicinava l'autunno, dopo la fiera e 'Marche Producono', l'unico squarcio di luce in tanta scuola era l'abbonamento alla 'Scavo'. Quando si riusciva a sfangarla. Perché nel jurassic palas di viale Marconi i posti erano stra-contati. E per accaparrarsi uno straccio di tessera, o quelle rimanenti, bisognava sorbirsi un Vietnam di notti. Alla banca -allora - all'angolo viale Marconi-Trieste. Una tortura cinese: appelli di ora in ora, con le orecchie protese a non perdersi sot- C'era una volta di GIORGIO GUIDELLI Quando abbonarsi costava tre notti in bianco to i colpi del sonno. In trincea, più passava il tempo, più cadevano teste. Lì per lì dispiaceva, perché magari erano anche gli amici della compagnia. Ma, in fondo in fondo, più vittime c'erano più si spalancavano le vetrate dell'hangar. Non c'erano manifesti. Non c'erano 'li-ke'. Non c'erano hashtag. Ma solo aste: di una bandiera e d'una fede che covava dentro. Nell'anno di grazia di Myers, Garrett, McCloud, di Walter e Arione (Costa), la lunga notte degli abbonamenti aveva rasentato le punte dell'assurdo. Ma del massimo della teologia mistica del basket pesarese: tre fiorni e tre notti, con amici che arcollavano tra il vecchio 'Snack' di viale Trieste e la Palla, coi bomboli alla crema di Alberini che ci s'ingozzava per non mancare all'appello e le dormite - con sveglia reciproca - sui lettini del mare per non perdere l'appello che assicurava l'abbonamento. Era un marketing che veniva dalle vene. Un know-how che nasceva dal- la passione istintiva e istintuale. 'Forza Scavo'. E fatela poco lunga. Col sacco a pelo spalmato nell'auto della mamma (i più fighi ce l'avevano al ripieno di 'morosa' al seguito), pronto a supplire al lettuccio di casa. UN'ISTANTANEA su tutte: del gruppone della generazione della palla a spicchi cresciuta sul cemento bordeaux di viale Trento (quello di Tifo', Gigio e Lucio), uno tagliò il traguardo della maratona delle tessere esibendola come una reliquia di San Gennaro. E tutti, come San Gennaro, lo fissavano. Perché s'era accaparrato l'abbonamento. Perché aveva in tasca il passatempo della domenica. Perché Magnifico, Arione (Costa) e Myers non l'avrebbe più toccati solo con un dito. C'erano una volta i follower. E nessuno dovev