di Bob COSI PARLO LIENHARD «IO E LA FORTUNA» «Sono stato veramente fortunato nell'essere scelto dalla Pallacanestro Cantù perché qui ho trovato una società a misura d'uomo, con autentici amici come compagni: un presidente (Aldo Allievi) gentile e corretto e un d.s., Lello Morbelli, che sapeva con garbo e fermezza tenere tutti in riga, giorno e notte. Stavo talmente bene in questa piccola realtà che dopo non sono più riuscito a schiodarmi da Cantù. E quindi da newyorkese ho messo su casa con Angela e sono diventato brianzolo a tutti gli effetti. Ho imparato persino il dialetto!» «IO E LA SQUADRA» «Per il mio modo di intendere la pallacanestro una squadra deve essere come un'orchestra, dove tutti hanno uno spartito da seguire e nessuno deve fare il solista. Mi mettevo volentieri al servizio dei miei compagni perché era il miglior modo per essere utile alla causa.Tiravo il necessario, facevo blocchi e cercavo di prendere il maggior numero di rimbalzi» «lOElL'TAU"» «Con il nostro coach c'era massima sintonia di vedute. Lui era già allora un grande, un autentico innovatore come tipologia di allenamento. È stato lui a introdurre il preparatore atletico nel nostro sport. Era un vero studioso del basket. Non lasciava mai niente al caso e preparava meticolosamente ogni partita. Sapevamo sempre cosa fare. Era un gioco molto disciplinato. In allenamento era sempre concentrato e serio ma fuori campo si trasformava e scherzava volentieri con noi. Nelle trasferte in pullman spesso giocava volentieri a carte. E non gli piaceva perdere. Come nel basket. Ma quando succedeva non faceva drammi: ci riuniva il prima possibile per una disamina collettiva su cosa non avesse funzionato per porvi rimedio la partita successiva» «IO E GLI AVVERSARI» «Ai miei tempi bisognava farsi rispettare dentro l'area e sotto canestro perché di fronte avevi gente come Kenney, Meneghin,Jura...che sapevano giocare duro, lo non ho mai giocato sporco ma sapevo darle anch'io quando dall'altra parte c'era un avversario che lo faceva» «IO E IL GANCIO» «Il mio idolo giovani le era Bill Russell e ho cercato di copiare il suo stile. Poi nelle superiori ho affrontato uno che di ganci ha fatto un marchio di fabbrica: Lew Alcindor che sarebbe poi diventato Kareem Abdul-Jabbar. Ho avuto dei buoni maestri...» «IO EI DERBY» «I primi due anni in maglia Forst ho vissuto le stracittadine come un confronto normale, poi ho capito il significato di queste sfide e allora davo il 101% per vincerle. Sentivi già una settimana prima della partita la pressione, con i tifosi che ti fermavano per strada e ti eh iedevano solo una cosa: battere quel I i là! E quando ci riuscivi era una soddisfazione doppia, con pacche sulle spalle a non finire per tutta la settimana successiva. Ricordo con particolare piacere il secondo derby che ho giocato a Varese contro l'Ignis. Loro erano veramente forti tanto da non perdere in casa da tre anni. Ebbene riuscimmo nell'impresa con un tiro allo scadere. Il giorno dopo tutti i giornali ne parlarono» «IO E IL BASKET DI OGGI» «Oggi il basket lo seguo raramente perché non mi piace più. Non c'è più gioco di squadra. Troppo individualismo e giocatori mediocri nei fondamentali. L'ultima volta che sono andato al Pianella era nel 2006, ero reduce da un intervento chirurgico piuttosto pesante. Li mi sono reso conto che mi facevo ancora trasportare dalla passione e non era l'ideale per il mio cuore.Troppo stress» «IO EI MIEI EX COMPAGNI» «Tengo molto a i miei ex compagni. Una famiglia per me. Quando ci sono le condizioni giuste vengono a trovarmi per andare poi a mangiare un