Il ricordo dell'allenatore: «Tante discussioni, lui preferiva Rivers a Rigaudeau, era impossibile non volergli bene» «Sono il papà di Messina: così entrò a palazzo» Un'amicizia indissolubile: «Mi ha seguito sempre e quando il Cska andava in final four lui c'era» Ma l'amore per la Virtus... «Quello è rimasto sempre. Per la Virtus, che sentiva sua, avrebbe fatto tutto. E l'ha seguita sempre, con passione ed entusiasmo». Lei gli ha pure regalato una delle gioie più grandi: l'Eurolega di Barcellona 1998. «Per un tifoso Virtus, per un sostenitore bianconero qual era lui, quel trofeo aveva un significato particolare. La V nera non aveva mai vinto la Coppa dei Campioni. A Barcellona ci fu la prima volta. Sì, era proprio contento». Tifoso Virtus, ma anche un «messiniano» sincero. «Mi ha seguito in tutti i miei passaggi. Non è venuto a Mosca o negli Stati Uniti, ma ci sentivamo sempre. E quando il Cska approdava alla final four di Eurolega, me lo vedevo arrivare. Mi mancheranno la sua energia e la sua carica». Romano Berlocchi e, a destra, l'afienatore dei trionfi europei Ettore Messina di Alessandro Gallo In campo, ieri sera, in Eurolega, con il pensiero di un amico che non c'è più. Amico vero e sincero perché il rapporto tra Ettore Messina, attuale coach di Milano e Romano Bertocchi ci riporta indietro agli anni Ottanta. Il racconto di Bertocchi visto con gli occhi e l'affetto dell'ex et azzurro è un misto di emozioni e rispetto. Con la consapevolezza di aver intrapreso, insieme, un cammino comune per quasi quarant'anni. Messina, quale fu il primo incontro con Bertocchi? «Per dir la verità conobbi prima sua figlia Claudia. Ero il vice sulla panchina Virtus. Dovevo allenare qualche formazione giovanile. Mi ritrovai su un treno diretto a Roma. E nel mio stesso scompartimento trovai la figlia». E Romano? «Al PalaDozza aveva il posto in prima fila, in parterre. Non stava mai fermo. Attaccato alla transenna che muoveva, quasi fosse una sua proprietà. Sembrava un matto. Ma un matto buono, al quale non si poteva che voler bene». Una volta, durante una trasmissione della Domenica Sportiva, con lei in studio. Romano disse di essere suo padre. Realtà o leggenda metropolitana? «No, accadde a Pesaro. Gli avevo lasciato dei biglietti per l'ingres- so. Al botteghino quegli accrediti non si trovavano. E allora lui, con una guasconata della quale UNA GRANDE PASSIONE «Al PalaDozza aveva il posto in prima fila, non stava mai fermo: era sempre attaccato alla transenna» era capace, essendo un concentrato di energia, disse di essere mio padre». Con quale risultato pratico? «Romano ebbe il suo posto, al palasport di Pesaro. E seguì la partita. Da tifoso e appassionato». Tanti anni di amicizia: forse un solo motivo «tecnico» di attrito. Lei stravedeva e aveva scelto Rigaudeau. Bertocchi, invece, preferiva Rivers che nel 1997 era il play della Fortitudo. «Abbiamo discusso tante volte. Ognuno rimaneva della sua idea. Ma, ripeto, era impossibile non volergli bene. Romano fa parte della schiera di amici, come Italo Vezzali, che ho avuto la fortuna di conoscere grazie al basket». Ricorda il bacio di Romanino sulla fronte di Pittis? «Allenavo Treviso. E Romano si era così trasfigurato da essere diventato, in quel momento, un tifoso della Benetton». © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PASSIONE DI UNA VITA Duro con Madrigali, dalla parte di Ettore Dopo l'esonero del coach guidò l'occupazione del parquet di casa O Gli inizi Romano Bertocchi nasce il 16 agosto 1929 e, a 22 anni, inizia a tifare Virtus Q La protesta Il 12 marzo 2002, prima del match contro Trieste, guida l'occupazione del parquet per protestare contro l'esonero del coach Ettore Messina da parte di Marco Madrigali; Messina torna in panchina, ma gli screzi con il patron continuano fino a quando nella stagione successiva Bertocchi diserta Casalecchio Q L'esultanza Nel 2003 la Virtus, dopo la radiazione della Federbasket, riesce a iscriversi al campionato di LegaDue: il 29 settembre l'esultanza storic