Un" Basket Meneghin ne fa 70 E' ancora il numero uno" ANTONIO SIMEOU - P. 35 Domani il compleanno di uno dei più grandi talenti nella storia del basket, scelto anche dalla Nba Gli auguri dei tecnici Bianchini e Tanjevic, di tanti ex compagni di squadra e del figlio d'arte Andrea 170 anni di Dino Meneghin "In Italia è ancora il numero 1" PERSONAGGIO ANTONIO SIMEOLI Domani compie 70 anni. Il mito, super Dino, il simbolo della pallacanestro italiana. Anzi, "la" pallacanestro italiana. Quello che ha giocato fino a 44 anni, più di Kareem Ab-dul Jabbar; e ha affrontato sul parquet anche il figlio Andrea in un Varese-Trieste, il 14 ottobre 1990. Quello dei 6.247 punti in serie A dal 1965 al 1994 con le maglie di Varese, Olimpia Milano e Trieste. L'attore protagonista di un continuo film "Amici Miei" e allo stesso tempo un fachiro degli allenamenti, rivincente. Il perfezionista. Mix di potenza e agilità. Colui che che spostava davvero gli equilibri. L'uomo delle 7 Coppecampioni in 13 finali, dei 12 scudetti tra Varese e Milano, delle 4 Intercontinentali, delle 271 partite in Nazionale con 2.947 punti con l'Europeo di Nantes '83 e l'argento olimpico di Mosca '80. Il primo italiano scelto da una squadra Nba (Atlanta Hawks, 1970), il secondo a entrare nella Hall of Fame di Springfield. Team manager degli azzurri campioni europei a Parigi '99 e Tanjevic: "Grande giocatore e grande uomo, che amava la squadra e i compagni" secondi ai Giochi 2004 di Atene, poi presidente della Feder-basket e Commendatore. «Dino, Dino», come gridavano i tifosi, Meneghin compie 70 anni. Otto personaggi della pallacanestro gli fanno gli auguri. Ma non chiamatelo «monumento». Lui, con quel vocio-ne inconfondibile, agitando quelle manone, vi risponderebbe ridendo: «No, monumento no: sui monumenti ci fanno la pipì i piccioni». OTTORINO FLABOREA (compagno all'lgnis Varese) «Nove aprile 1970, Sarajevo. Con l'Ignis vinciamo la prima Coppa dei Campioni contro l'Armata Rossa Mosca. Io col gancio, lui con una difesa super e a soli 20 anni con una classe clamorosa. Povero Lucarelli, quante botte prendeva in allenamento da me e Dino. Io, Zanatta, Cescutti, Vittori e Ossola eravamo più vecchi di lui, lo consigliavamo. È il mio più grande amico, se ho bisogno di qualcosa lo chiamo, lui fa altrettanto con me. E soprattutto è il più forte di tutti. Vittori, Marzorati, Villalta, Gallinari? Nessuno ha vinto come lui. Dino ha spostato davvero gli equilibri. Per 20 anni ». GIORGIO G0RLAT0 (arbitro di 5 finali scudetto) «Ho arbitrato 321 partite in A, dal 1976 al 1989, con 5 finali scudetto. Esordio al PalaLido di Milano, fischio un fallo veniale a metà campo a Meneghin. Temo strepiti, proteste da quella montagna di 2,04. Lui: "Ehi referee, non si fischiano in Al queste cazzate". Mi dà del tu, resto paralizzato. E gli rispondo: "Come tu puoi sbagliare un canestro, io posso sbagliare un fischio". Lui risponde: "Hai ragione, scusa". Fisico, temperamento, carisma, un leader vincente. Il più grande vincente della storia del basket italiano». VALERIO BIANCHINI (coach rivale negli anni '80) Anni '80: Cantù, Milano, Roma, Pesaro, poi Bologna. Il basket riempie i palazzetti. Fra i rivali per eccellenza di Meneghin c'è coach Valerio Bianchini. Batté Dino con Cantù, Roma e Pesaro. «Rivale? Scherza? Dino è il mio mito. Gli auguro di continuare a lungo a rappresentare il nostro basket nel mondo. E che difenda il valore dei giocatori italiani, ne- gli ultimi anni in difficoltà. Quante battaglie ! Lo stavo per portare a Roma al Messaggero, invece andò a Trieste». RICCARDO PITTIS (compagno a Milano) «Gennaio 1985, freddo, la neve sta per abbattere il Palazzone di S.Siro. Gioco nei Cadetti dell'Olimpia e mi mandano ad allenarmi in prima squadra. Vanno di moda Timberland, camicioni, pantaloni a quadroni. Entro in spogliatoio così. Dino è a Milano da 4 anni e domina con Peterson, D'Antoni, Premier. Mi scruta e mi dice : "Pittis? Ma tu sei Scarpanti-bus, ti manca solo il naso finto". Dino insieme con D'Antoni è uno dei miei genitori cesti-stiri. Ha segnato la mia carriera. Gli auguro di mantenere lo spirito da ragazzo che ha sempre avuto. Un "pazzo" che ha vinto, fatto vincere e insegnato a vincere ovunque». Pittis: "Mi chiamava Scarpantibus, ma lui e D'Antoni sono stati i miei genitori cestistici" BOGDANTANJEVIC (coach alla Stefanel Trieste) Telefonata in Bosnia. Linea disturbata. Il coach sente che gli chiediamo di Dino. «Sei un rompiscatole, ma per lui fermo volentieri la macchina». Poi di Meneghin ci parla per mezz'ora: «Nel 1989 per far sbocciare il progetto Stefanel a Trieste avevo bisogno solo di un uomo: lui. Un grande giocatore, una grande persona capace di amare le sue squadre, di proteggere i compagni. È stato un "leader tenero". Quando entrò per la prima volta in spogliatoio a Trieste il capitano Pi-lutti se la fece addosso dalla soggezione». Meneghin fu poi accompagnatore nell'Olimpia scudettata di Tanjevic e dell'oro azzurro agli Europei '99 con Boscia et. «Era il più grande eppure non interferì mai nelle decisioni del coach. Da amico, gli auguro tanta salute e di conservare quello straordinario umo- re con cui affronta la vita sdrammatizzandola». GREGORFUCKA (compagno a Trieste) «Arrivò a Trieste a 40 anni, io ne avevo soltanto 19. La sua esperienza ci fece entrare fra le squadre big e mi permise di diventare un giocatore forte. Quante botte ho preso in allenamento. Poi da dirigente all'Europeo fu encomiabile: solo vederlo in panchina, lì vicino a noi ci raddoppiava le forze. Auguri maestro». ANDREAMENEGHIN (il figlio-campione) «A papà, a un mito della pallacanestro, mando un grande augurio. Le mie figlie non hanno mai visto il nonno giocare, ma ora se lo possono godere in tutta la sua grandezza fuori dal campo». Andrea, vincitore dello scudetto della stella a Varese, campione europeo e mvp all'Europeo 1999, non dimenticherà l'abbraccio con papà proprio alla fine di quel torneo continentale a Parigi. Una foto divent