Dalla luce dei playoff al buio della salvezza Semifinale e terzo posto nell'1982/1983 ma capitombolo imprevisto nel 1983/1984. Poi ci penserà il giovane Giancarlo Sacco E' nella stagione 1982-1983 che la Scavolini tocca il tasso più alto di "slavità": a "Kica" Kicano-vic detto "Cobra" e al coach Pero Skansi, si aggiunge lo spalatino Zeljko Jerkov - centro di eccellente levatura tecnica e intelligenza cestistica - che prende il posto di Roosevelt Bouie che se ne va a Reggio Emilia. Se andate a Spalato vi consiglio la sua ottima pizzeria. In formazione c'è anche il giovane ed estroso play pesarese Antonio "Tony" Sassanelli che qualche anno dopo, maledettamente troppo giovane, morirà proprio su un campo di gioco per attacco cardiaco. E' una quadra forte, compatta, talentuosa, arriva fino alla semifinale di playoff e si piazza al terzo posto. In compenso vince la Coppa delle Coppe a Palma di Majorca contro i francesi del Villeurbane. Dunque la conferma di essere sulla strada buona. E invece siamo al preludio del disastro che si addensa ed esplode nella stagione 1983-1984 che pare azzerare di colpo tutto quanto fatto di buono finora. Dottor Jekyll e mister Hyde della palla a spicchi. Un dritto clamoroso e un fuoripista pieno di acciacchi. Dicono addio Kicanovic e Jerkov, durante il campionato dice addio anche Skansi, esonerato e seguito sulla panchina da altri due allenatori, fra i quali figura anche Asa Ni-kolic - affiancato dal giovane Giancarlo Sacco direttamente dal settore giovanile - che porterà la squadra ad una risicata salvezza, Tanto bravi ragazzi quanto scarsi giocatori e comunque SLAVITÀ' Nella stagione 82/83 in panchina c'è Skansi e in campo Kicanovic e Zeljko Jerkov senza peso si rivelano i due americano Cliff Pondexter e Terry Duerod. La nota positiva dell'annata, seme gettato per un fruttuoso futuro, è l'arrivo da Treviso della guardia Andrea Gracis. Andrea arriva sospettoso e non convinto dell'ambiente pesarese, che si trova fra l'altro ad affrontare una stagione bestiale. Per il primo anno Gracis dorme in branda come un militare al servizio di leva, con la valigia pronta per riprendere il viaggio di ritorno verso casa. Ma non è per niente questo che il destino ha in serbo per lui e anche per noi. Va a finire che Andrea non solo resta a Pesaro per undici splendidi anni, diventando parte integrante del monumento agli scudetti conquistati, ma rimanendo ancora oggi un "figlio" prediletto e amato da tutta la città. Per uno come lui conviene scomodare un grande romanziere e definirlo "un uomo senza qualità", nel senso che le aveva tutte senza sbandierarle come trofei: ottimo ragazzo guardia e play tuttofare, cuore e talento, modestia e serietà. A conferma che anche nei disastri tecnici possono sbocciare bei fiori, la storia non può passare sotto silenzio il passaggio e la permanenza a Pesaro, per quanto breve e contingente, del professor Alexander "Asa" Nikolic. Il quale, a scelta e senza possibilità d'errore, può essere definito il Platone, il Galileo, il Newton, l'uomo delle nuove frontiere e aggiungete chi volete voi, del basket internazionale. Il generale Rommel a confronto è un povero sergente di provincia. Le squadre del professor Nikolic, a cominciare dalla nazionale jugoslava tutta unita di allora, alla Stella Rossa di Belgrado, alla grande Ignis degli anni Settanta, sono macchine da guerra infernali. Per lui la difesa è la prima e più micidiale arma d'attacco. Per lui la stanchezza è un optional da impiegati comunali e comunque sei stanco solo quando te lo dice lui; per lui il lavoro è una religione che non si discute. Le sue squadre vincono tutto ma secondo la sua opinione non hanno mai giocato una partita veramente buona. Posseduto dall'ansia della perfezione, dall'anelito dell'unità primordiale. E' morto nella sua amata Bei-arado come si addice a un ser- bo grande come lo sanno essere i serbi veri. Dopo l'ennesima grande vittoria della sua Ignis in una manifestazione europea, intervistato, accendendo la centesima sigaretta, dichiara testualmente, flemmaticamente e senza mostrare un briciolo di soddisfazione e di orgoglio per la vittoria: «Questa squadra è matura per fare tre allenamenti al gior- IL PROFESSORE Nell'83/84 arriva Aza Nikolic, dietro di lui si profila il giovane Giancarlo Sacco no». I suoi giocatori vogliono scappare da tutte le parti, ma come fai a stare lontano dalla verità quando l'hai conosciuta? In un giorno di quel 1984 - era arrivato a Pesaro verso la metà di dicembre del 1983 -, seduti al tavolino di un bar del mare, le mani tremolanti a stringere la sigaretta mai spenta, con quel sorriso dolce delle persone ammodo, mi racconta una piccola storia. Dice che tutte le volte che le sue squadre venivano a giocare a Pesaro, dietro la panchina su cui era seduto sentiva in continuazione una voce che lo chiamava: «Professor Nikolic, professor Nikolic...». E' una voce garbata ed educata e così alla fine lui si volta e la voce, immancabilmente, gli dice: «Muore Tito, arriva Benito». Passano campionati e squadre ma ci casca sempre. Adesso che si trova ad essere l'allenatore della Scavolini gli piacerebbe conoscere quella persona. E infatti mi chiede: Franco, tu sai chi è quel signore? Non ci vuole il fiuto di Poirot per capire tutto, gli dico venga con me professore, e lo porto verso il centro città. Lo prego di aspettare un attimo fuori, entro nel bel negozio d'abbigliamento di Sergio Ginepro, angolo vie Rossini e Collenuc-cio, Sergio mi viene incontro sorridente, ciao Franco, ciao Sergio, c'è una persona che ti vorrebbe conoscere... il orofes- sor Nikolic entra e Sergio, di fronte al signore del basket, si genuflette commosso e gratificato. Vuole anche chiedere scusa, ma non serve: «Tu sei bravo ragazzo - gli dice sorridendo il professore -, tua voce troppo educata». E lo benedice. E intanto si profila il campionato 1984-1985 che dovrebbe rimettere insieme i pezzi sparsi della squadra, alla quale viene aggiunto un altro pilone centrale dell'autostrada in costruzione verso lo scudetto: da Brescia arriva l'interminabile Ario Costa a comporre la simmetria con Walter Magnifico. Gli americani sanno di buono: il centro Darren (il primo ma non il più grande) Til-liss e la guardia esplosiva Fre-drick Zambalist. La partenza ricalca quella dell'anno prima: in panchina c'è mister Donald Ca-sey che a metà campionato sarà sostituito da mister George Bi-sacca, u n americano e un italo-americano. Grazie al cielo la chiave segreta sta nel vice: il pesarese Giancarlo Sacco, che per Natale del 1984 prende la squadra e la porta dritta dritta fino alla finale scudetto. Sbattendo come sempre contro Milano, adesso Simac. Ma l'impero sta risorgendo è il futuro è vicino. Franco Bertini Il grande professor Alexander "Asa" Nikolic, Il basket fatto persona Sopra: la squadra del 1982/83; sotto: miste