«Virtus-Olimpia, peccato La finale top non ci sarà» Dan Peterson fa le carte alla Coppa: «La sfida più attesa forse solo in semifinale Il pronostico? Si parte alla pari: soldi, blasone e recente passato non contano» «Beh, il primo è legata al mio approccio. Ero arrivato da poco, non sapevo ancora che la Vii tus non vinceva da tempo. Fu un effetto incredibile. Poi Peppino Cellini, un giornalista scomparso, lasciò la tribuna stampa. E mi corse incontro felice, mimando il volo di un aereo. All'inizio non capivo, mi spiegò il motivo e mi venne da ridere». Perché? «Vincere la Coppa Italia significa giocare la Coppa delle Coppe. Il mio vice, Ettore Zuccheri piangeva, perché aveva giocato nella Vii tus. Poi la festa al listo-rante dell'Abbadia, una volta tornati a Bologna. Lasciai presto la tavolata. Ma non riuscivo a prendere sonno, ripassai qualche ora più tardi: l'avvocato Porelli e Gianni Bertolotti erano ancora lì a capire di pallacanestro. Capii cosa significa vincere per Bologna». E in quel periodo nacque la sua rivalità con Bianchini? «Valerio è un grandissimo. Tutti elogiano le sue vittorie con Cantù, Banco Roma e Pesaro. Ma quello che faceva con la Stella Azzurra era già straordinario». Come il vostro dualismo. «Bianchini inarrivabile, un maestro. Da rivale era un volpone: faceva polemica con me il sabato. Mi trovavo sbattuto sulle pagine dei giornali la domenica. Senza possibilità di replicare. Quante volte g liei'ho detto. Un numero uno delle polemiche che aiutavano il basket a crescere. Sul suo piano metto Rubini. Un gradino sotto Pentassuglia, Dado Lombardi e Boscia Tanjevic. Bravissimi». I suoi successi a Milano. Dan Peterson: nel 1974 la Coppa Italia fu il suo primo trofeo di Alessandro Gallo Era il lontano 1974. Un giovane Daniel Lowell Peterson vinse, con la Virtus Bologna, la Coppa Italia. Il primo trofeo di una straordinaria carriera che l'ha portato a essere un professore dei canestri. Parlare con Dan è come sfogliare un'enciclopedia: basta chiudere gli occhi per rivedere il basket italiano, dal bianco e nero al colore perché Peterson, oggi 84 anni, ha forgiato generazioni di cestisti. «Quella era davvero una Coppa Italia - racconta Dan -. C'era una prima fase alla quale parte- cipavano ancne squaaie cu serie B e C. Oggi è un trofeo diverso. Non voglio dire sbagliato, ma ora e un trofeo d'elite. Quella vecchia formula mi piaceva di più perché partecipavano tutte le formazioni italiane». Ricorda le avversarie? «Certo, vincemmo a Livorno, contro la Libertas. E nel girone di qualificazione trovai la Stella Azzurra Roma di Valerio Bianchini, Cantù con Arnaldo Taurisano e Pesaro, all'epoca guidata da Jim McGregor. Poi nella final foni, battemmo Asti e Udine. Quanti ricordi». Li racconti. «Già, due vittorie. In totale tre. Avevo il iecord di vittorie, con Alberto Bucci. Pensavo potesse resistere. Poi...». Poi? «E' arrivato Ettore Messina: quattro vittorie con la Viitus Bologna, tre con la Benetton Treviso. Un record che resterà per sempre». Messina re di Coppa anche ora? «La Coppa è un trofeo particolare. Mi spiace solo che Virtus e Olimpia, se si incontreranno, lo faranno in semifinale. Sarebbe stata la finale più attesa». Coppa Italia 2020: chi la vince? «Non lo so. Sono partite secche: non conta chi ha speso di più, non conta chi arriva in quel momento con più vittorie. Si parte da zero a zero e cinque contro cinque. Mi viene in mente Pozzecco». Perché il Poz? «Debutta a Sassari, in coppa, come coach. Subito -20, poi rimonta e vince. E lo stesso, quasi, gli accade in semifinale. Poi non dimentichiamoci la Coppa 2018». Il motivo? «Chi avrebbe puntato, alla vigilia di quella final eight, un solo euro su Torino? Eppure vinse la squadra di Peppe Poeta». E a Pesaro? «Tutte alla pari. Ripeto, soldi, blasone, recente passato non contano più. Sarà u