NBA:DOMENIC L'ALLSTARGAI L'eredi di Kobe Bryanl PIERO TALLANDENTI I team LeBron e Giannis sulle orme di chi li ha ispirati Una partita omaggio Da Magic al ragazzo che realizzava i sogni Orlando, Florida: è il 9 febbraio 1992. Earvin Magic Johnson, che appena quattro mesi prima ha sconvolto il mondo annunciando il proprio ritiro perché sieropositivo, torna a giocare nell'Ali Star Game. Si pensa che sarà a malapena in grado di reggersi in piedi viste le cure sperimentali a cui si sta sottoponendo, e invece oltre al carisma e al leggendario sorriso, in campo c'è ancora, intatto, quel talento che lo ha reso il simbolo dei Los Angeles Lakers e del basket-spettacolo. Magic trasforma in una commovente celebrazione collettiva la partita d'esibizione che ogni anno, a febbraio, mette insieme i migliori giocatori della Nba. Il dramma umano affiora e diventa pubblico, perché Magic è un'icona dell'America contemporanea. Un pa- tnmonio di tutti. Altre 27 edizioni della "partita delle stelle" sono andate in scena anno dopo anno, regalando uno spettacolo cestistico anche superiore, senza mai poter eguagliare neppure lontanamente quell'impatto emotivo. Ma l'edizione 2020, in programma questa domenica a Chicago, sarà diversa. Il motivo è racchiuso in quattro lettere: Kobe. Il ragazzino che ai tempi in cui Magic dava il suo addio-choc al basket viveva ancora al di qua dell'oceano e poteva solo sognare di emularlo: «Quando vivevo in Italia negli anni Ottanta - ha sempre ricordato a proposito del periodo con la famiglia, al seguito del padre Joe - mi spedivano le videocassette delle sue partite. Io guardavo e riguardavo Magic fino a consumarle, volevo imparare tutto da lui». Negli anni successivi Kobe avrebbe vi- sto realizzarsi tutti i sogni cullati nell'infanzia italiana: diventare una stella Nba nei Lakers, raccogliere l'eredità del suo idolo, vincere cinque titoli e soprattutto entrare in quella ristrettissima cerchia di campioni globali, al di là dello sport, proprio come Magic. Sogni realizzati in una vita che sembrava perfetta, spezzata nel modo più crudele, in quell'incidente in elicottero che ha portato via anche la figlia Gianna Maria, lei che più gli assomigliava per carattere, avendo ereditato lo stesso, totalizzante amore per il basket. Bryant nella sua carriera ha disputato qualcosa come 18 Ali Star Game, palcoscenico ideale per esprimere il suo sublime talento. Ora la "partita delle stelle" non potrà essere più come prima. Lo ha stabilito la stessa Nba, cambiando addirittura le rego- le per onorare Kobe. L'ultimo quarto, domenica, sarà vinto dalla squadra che per prima raggiungerà quota 24 punti: 24, come il numero di maglia di Bryant. Sarà una partita emotivamente difficile per tutti i giocatori, la cerimonia di un lungo addio officiata canestro dopo canestro. «Porteremo avanti la tua eredità. Vivrai per sempre, fratello»: la commossa dedica al microfono di LeBron nella prima partita in casa dopo la tragedia. James lo ha onorato anche con un nuo- vo tatuaggio sulla gamba e l'omaggio è continuato a suon di magie sul parquet come un'incredibile schiacciata rovesciata contro i Rockets, incredibilmente identica a una prodezza di Kobe, diventata iconica, 19 anni fa. Un tributo. Poi, a imitarlo con la stessa schiacciata rovesciata, anche se solo in una partita di high school, è stato il figlio Bronny, 15 anni. A proposito, lo abbiamo visto dal vivo due settimane fa a Houston. Era al Toyota Center per assistere alla partita dei Lakers contro gli Houston Rockets di coach Mike d'Antoni, che trent'anni fa giocava in Italia e che il Kobe bambino lo conosceva bene. Ci è bastato osservarlo camminare per capire che non c'entra con gli altri. E poi gli occhi: quello sguardo, lo stessa intensità di papà Lebron. La fiamma continua ad ardere, da padre in figlio. Forse questa storia di destini incrociati non è ancora finita Tra qualche anno